Salve a tutti,
mi chiamo Agnese, ho 21 anni e sono discalculica.
A differenza della maggior parte delle persone con DSA, io ho ricevuto la diagnosi molto tardi e precisamente il giorno del mio diciottesimo compleanno.

Come potete ben immaginare il mio percorso scolastico è stato molto travagliato. Fin dai primi anni delle elementari le mie maestre hanno riscontrato in me gravi problemi di calcolo e quando sono arrivate le grandi nemiche di tutti i discalculici e dislessici, ovvero le famigerate tabelline, le cose sono degenerate.
Sono rimasta molto più indietro dei miei compagni e venni etichettata dalle mie insegnanti, e di conseguenza anche dai miei genitori, come la classica bambina svogliata e pigra che non aveva voglia di studiare (nonostante io eccellessi nelle materie umanistiche). Esclusa dai miei compagni, divenni anche vittima di bullismo. Insomma, il mio percorso alle elementari è stato estremamente travagliato e non appena terminai l'esame di quinta elementare fui ben felice di lasciare quella scuola e non mi sono mai voltata indietro.
Purtroppo anche alle medie ebbi grandi difficoltà e oltre a quelle "classiche" in matematica e geometria, si aggiunse quella in inglese. Fu proprio la mia professoressa di inglese la prima a intuire qualcosa: di fatto ai colloqui chiese a mia madre se per caso fossi dislessica.
Tuttavia mia madre non prese molto seriamente la cosa e conclusi anche il mio percorso alle medie (sempre con la mia etichetta di ragazza che non ha voglia di studiare).

Sempre per cambiare aria decisi di frequentare un Liceo Psico pedagogico, sia perché mi sentivo estremamente portata, sia perché non conoscevo nessuno e speravo che almeno lì nessuno mi giudicasse.
Nonostante ci fosse davvero poca matematica avevo grandissime difficoltà e nonostante andassi a ripetizioni e studiassi come una matta, facevo veramente fatica ad arrivare alla sufficienza. Vivevo queste mie difficoltà con molta angoscia; pensavo di essere stupida, mi ritenevo ritardata e mi limitavo a valutare il mio valore in base ai miei voti scolastici.
Ero estremamente infelice.
I miei genitori mi mandarono da una psicologa la quale, dopo un po’ che mi aveva in terapia, consigliò ai miei genitori di farmi fare i test e così arrivò la diagnosi.
Finalmente potevo ricorrere a degli ausili in classe durante i compiti in classe, ma le difficoltà non erano finite.
Dovetti infatti scontrarmi con la ripugnanza del mio professore di matematica, il quale non ha mai preso sul serio la mia diagnosi tanto è vero che non ha nemmeno avvertito della mia problematica la commissione d'esame durante la Maturità; e così mi sono dovuta trovare a spiegare alla professoressa esterna, nel pieno svolgimento della terza prova, che non stavo copiando e che avevo il pieno diritto di tenere quelle tabelle (ovviamente tutto ciò di fronte ai miei compagni di classe attoniti).

Insomma mi sono sempre dovuta scontrare con la disinformazione che c'è riguardo ai DSA e in particolare nei confronti della discalculia (gli insegnanti infatti sono molto più informati riguardo alla dislessia), ma le soddisfazioni sono arrivate anche per me; al mio primissimo esame all'Università ho preso un meritatissimo 30 e fra qualche mese mi laureo.
Scusate la lunghezza di questa lettera, ma per me anche un pò uno sfogo dopo tanti anni di difficoltà.
Continuate a fare informazione sui DSA, in particolare agli insegnanti in modo tale che possano imparare a cogliere i segnali di tutti questi disturbi (dislessia, discalculia, disgrafia...). E per coloro che come me hanno questi disturbi, posso solo dirvi di non vergognarvene.
Non è una malattia, non siete stupidi e non avete nessun ritardo mentale.
Siete nati così e in questo non c'è nulla di male. Come c'è chi nasce con gli occhi grigi, noi nasciamo con queste difficoltà.
Non lasciate che vi limitino, non permettete di farvi giudicare da chi non conosce l'entità del problema. Siamo meravigliosi anche perché abbiamo dei disturbi specifici dell'apprendimento; io, ora, non vorrei essere in nessun altro modo.

Grazie mille per la vostra attenzione e per il vostro lavoro,

Agnese