Storia di Ambra – racconto in prima persona

Ciao a tutti, mi chiamo Ambra, ho 28 anni e vivo la mia vita in modo felice e sereno, finalmente!
Ho deciso di scrivere la mia storia per condividere le emozioni che ho provato durante gli anni di scuola, quegli odiosi anni di scuola.
Non mi è mai piaciuto molto andare a scuola, preferivo starmene a casa con le mie bambole e tutto il mondo immaginario che mi ero creata. Immaginavo di essere una modella, una cantante o una ballerina… infatti da piccolina volevo fare il Liceo Classico convinta che mi avrebbero insegnato a diventare la più brava ballerina del mondo! Il mio nonno mi aveva addirittura piastrellato una parte del cortile che creava una perfetta passerella per le mie sfilate, piuttosto che un palco per i concerti. I personaggi li interpretavo tutti: la cantante, la band, il pubblico, gli applausi...

Nel mio mondo ero libera e spensierata, mi isolavo nel mio cortile e il tempo era come annullato. Nel frattempo andavo a scuola... che noia!! Durante i primi anni avevo qualche difficoltà in matematica, non riuscivo a scrivere bene i numeri, se dovevo scrivere “quattrocentodiciannove” scrivevo “40019”, naturalmente ricordo benissimo le sgridate della maestra che continuava a dirmi che dovevo stare più attenta, che avevo la testa tra le nuvole e cose di questo genere. Questo poi era l’errore meno “grave” per così dire… non vi dico quando abbiamo iniziato con lo studio a memoria delle tabelline: una catastrofe cosmica.
Non ricordo più quanti brutti voti  ho portato a casa, le maestre prima e i professori poi quando c’erano i colloqui con i genitori, magari in mia presenza, non si facevano troppi problemi a dire frasi come “La bambina non studia”, “La bambina non ha voglia”, “La bambina è una sfaticata” e cose del genere.

Io non sapevo più come giustificarmi e d’altronde anche mia madre non sapeva che dire visto che mi vedeva passare la maggior parte del pomeriggio a ripetere le tabelline o fare i compiti di matematica. La conseguenza di questi pomeriggi era un notevole calo anche nelle altre materie. Insomma la mia vita scolastica alle elementari e alle medie è stata costellata da insuccessi che hanno abbattuto totalmente la poca autostima che avevo.

Per fortuna che la scuola aveva quella bellissima pausa di tre mesi: l’estate. Quale magnifica invenzione! Allora, sì che mi divertivo, con le mie storie fantastiche, tanto lì la matematica mica serviva!!

Finché arrivo alle superiori, decido di fare un istituto professionale turistico abbastanza all’avanguardia perché avevamo un'aula computer, aule linguistiche, possibilità di fare stage all’estero o in Italia e soprattutto uno sportello psicologico.

Dico ”soprattutto” perché è stato vitale per la mia sopravvivenza… Naturalmente i miei problemi con la matematica continuavano, o meglio peggioravano… E' ovvio più si cresce più i compiti sono difficili!! Sono arrivata al punto che non ce la facevo più a passare i pomeriggi interi sul libro di matematica, e non parliamo di quello di geometria!! Per fortuna avevo un professore molto bravo che ha capito che c’era qualcosa che non andava, vedeva quanto mi impegnavo senza però ottenere nessun risultato. Durante uno dei classici colloqui con i genitori, questo prof. consiglia a mia madre di farmi fare una chiacchierata con lo psicologo della scuola per capire se ci poteva essere “un modo per migliorare”. Non vi dico la mia reazione quando mia madre me lo disse, lei appariva abbastanza tranquilla, in quanto non vedeva più vie d’uscita, io ho visto la cosa come un’accusa di eresia… “Io non sono pazza!!!! Perché il prof. pensa questo??”.
Dopo averci ragionato sopra qualche giorno, ho deciso di prendere un appuntamento, casualmente durante un’ora di matematica [:-)]. La psicologa non mi ha fatto particolari domande, mi ha lasciato parlare liberamente e questo mi ha dato un senso di calore che mi ha permesso di spiegare nei dettagli il mio problema. Quel primo incontro si è concluso con la mia gola secca per quanto avevo parlato e con il compito da parte della dottoressa di andarmi a cercare su Internet una parola e farle una piccola ricerca. Il primo pensiero è stato: “Io vengo qui per saltare un’ora di scuola e Questa mi dà i compiti??!!”.

La parola da cercare era chiusa in una busta e dovevo scrivere anche la reazione che avrei avuto quando l’avessi letta, ma non l’avrei dovuta aprire fino a quando arrivavo a casa. Non ho fatto molta fatica a resistere, primo perché mancavano solo due ore alla fine delle lezioni, secondo avevo preso la cosa più come una scocciatura che come una rivelazione. Infatti mi ricordai della busta solo quando mia madre mi chiese com’era andata con la psicologa. Allora aprii la busta con mia madre e trovai un fogliettino con scritto “DISCALCULIA, cos’è?”. Mia madre non ebbe particolari reazioni, io rimasi un attimo con lo sguardo perso nel vuoto poi iniziai a fare uno dei miei viaggi mentali ma questa volta basato su associazioni di parole: DIS come disfunzione, disagio, disturbo, dis... CALCULIA calcolo. Disturbo del Calcolo. Disagio del calcolo. Disfunzione del calcolo. Andavano bene tutti e tre, descrivevano benissimo il mio sentimento per la matematica e i risultati, o meglio, i non risultati che ottenevo.
Andai subito ad accendere il computer, perché a parte le mie deduzioni non sapevo altro. Su Google digitai “discalculia” e andai a leggere subito Wikipedia. Se ci andate anche voi, la spiegazione è questa:
La discalculia evolutiva è un disturbo specifico dell'apprendimento (DSA):
·    si può definire come un disturbo delle abilità numeriche e aritmetiche
·    si manifesta in bambini a sviluppo tipico, di intelligenza normale e che non hanno subito danni neurologici
·    può presentarsi associata a dislessia e ad altri disturbi dell'apprendimento, ma non ne è l'effetto
A questo punto non posso dire che mi ero illuminata, ma sicuramente avevo dato un nome a quello che mi succedeva quando vedevo dei numeri scritti su un foglio: DISTURBO.

Non ho dormito tutta notte, non vedevo l’ora di arrivare a scuola per bloccare fisicamente la psicologa e chiederle spiegazioni. Diciamo che ho fatto proprio così, l’ho aspettata all’ingresso e l’ho subito tartassata di domande, diciamo che era abbastanza palese la reazione che avevo avuto alla lettura della busta!!
Andai nella sua aula e iniziò a parlarmi del fatidico disturbo, ogni cosa che mi diceva sembrava un mio ritratto, mi rivedevo in ogni sua parola e piano piano il mio viso si illuminava: avevo finalmente una risposta ai miei PERCHE’…
-    Perché non scrivo i numeri come gli altri?
-    Perché ci metto otto volte in più di tempo rispetto agli altri?
-    Perché non memorizzo nulla??
-    Perché, perché, perché?
Dopo un’esauriente spiegazione sull’argomento, mi dice anche di voler parlare con i miei genitori per capire come procedere. Facciamo il colloquio e iniziamo l’iter per la diagnosi.

L’odissea non era naturalmente finita, è passato all’incirca un altro anno prima che potessi utilizzare i famosi strumenti compensativi (la calcolatrice intendiamoci, perché in quegli anni non si poteva pretendere di più!!). E sono arrivata così alla terza superiore (inoltrata) ad avere qualche aiutino in più, che mi ha permesso di terminare il mio calvario con la scuola.
Naturalmente la diagnosi mi è servita a togliermi l’etichetta, ormai tatuata, di “sfaticata” ma sicuramente non a farmi amare improvvisamente la matematica… infatti non sono diventata un fisico nucleare né tantomeno un ingegnere aerospaziale!
Vivo tranquillamente la mia vita da commessa in un negozio di abbigliamento, purtroppo ho a che fare con la cassa ma per fortuna è uno strumento compensativo grandioso visto che mi dice anche i resti!!!!!