Quale intervento e aiuto possono offrire i genitori ad un figlio dislessico?

Per un genitore confrontarsi con le difficoltà di lettura del proprio figlio non è semplice; non è semplice capire che il proprio bambino che in tante situazioni familiari e sociali è sveglio, intelligente, vivace e brillante, non riesce come gli altri a fare un'operazione abbastanza automatica che è quella di collegare il suono di alcune lettere o di alcuni fonemi alle corrispondenti lettere scritte o grafemi. Così come non è semplice capire che, per affrontare questo disturbo, il bambino ha bisogno di un intervento specifico e individualizzato.

Indicazioni
informarsi il più possibile sul problema, ad esempio presso Associazione Italiana Dislessia
- cercare una valutazione diagnostica appropriata
- cercare strategie di aiuto che maggiormente possano favorire l'apprendimento da parte del bambino
scambiare esperienze con altri genitori creando associazioni o affiliandosi a quelle presenti sul territorio in cui si vive
discutere del problema con tutti gli insegnanti
evitare di cambiare classe o scuola al bambino
evitare di parlare con il bambino solo di argomenti che ruotano intorno alla scuola
evitare di incolpare se stessi o gli insegnanti del problema dislessia
aiutare il bambino nelle attività scolastiche (es. leggergli a voce alta, ripetere insieme la materia da studiare)
rinforzare il bambino in ogni successo anche minimo che ottiene
- sostenere il bambino dandogli fiducia, non colpevolizzandolo rispetto alle sue difficoltà
aiutarlo a vivere le attività scolastiche e in particolare la lettura in modo divertente e ludico stimolando la sua curiosità
evitare totalmente i confronti con gli altri compagni, con i fratelli se presenti e non criticarlo rispetto agli errori e alla lentezza che impiega nei compiti che effettua a casa
evitare punizioni rispetto all'andamento scolastico, eliminando le ore di gioco e le attività di socializzazione ed evitare di sottoporre il bambino a esercizi interminabili ed estenuanti di lettura o copiatura
potenziare le condotte autonome del bambino sia in ambito scolastico che extrascolastico (utilizzo di strumenti tecnologici in cui il riconoscimento dei numeri è fondamentale come il telefono o il videoregistratore ecc.)
fare delle pause anche brevi durante lo svolgimento dei compiti che spesso richiede molto tempo ai bambini dislessici
- supplire la lettura con altre fonti di informazione (cassette audio, video, CD-rom)
- comprendere che la riabilitazione non è un intervento che si risolve in breve tempo ma che richiede lunga durata e capacità di tollerare la frustrazione sia da parte del bambino che del genitore


Che cosa non fare
Il bambino dislessico frequentemente si percepisce inadeguato rispetto alla realtà scolastica, non si sente come gli altri compagni e si manifesta svogliato e poco partecipe alle attività scolastiche. Capisce che rispetto ai suoi compagni o ai suoi fratelli ha più difficoltà nella lettura, nello scrivere e in genere nello svolgimento delle attività scolastiche.

Per questo motivo un genitore non deve:
- colpevolizzare il bambino rispetto al suo problema
- avere aspettative negative sul raggiungimento di risultati positivi ("tanto non imparerai mai, non sarai mai come gli altri bambini" ecc.)
- rimproverarlo continuamente rispetto ai tempi lunghi che necessita per lo svolgimento dei compiti
- rimproverarlo di non raggiungere gli obiettivi che gli altri coetanei sembrano ottenere con apparentemente pochi sforzi
- accusare il bambino di non capire e di continuare a fare errori (il bambino dislessico non è meno dotato di altri, ha bisogno però di strategie diverse di apprendimento).

Con questo tipo di interventi si mina l'autostima del ragazzo causandogli ansia di prestazione, demotivazione all'apprendimento, perdita di fiducia in se stesso, aggressività e depressione. Alcune volte il bambino può arrivare a sviluppare disturbi della condotta.
La mancanza di autostima induce nel bambino un forte vissuto di frustrazione che può aggravare ulteriormente il problema della dislessia. Si crea infatti quel circolo vizioso che insegnanti ed esperti conoscono così bene tra il disturbo di apprendimento del bambino e le difficoltà emotivo-relazionali che si sviluppano su tale problema. Il bambino infatti si sente responsabile delle proprie difficoltà e ritiene che nessuno sia soddisfatto e contento di lui, rendendo così più difficile portare avanti con successo i programmi di riabilitazione iniziati e l'apprendimento scolastico più in generale.


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